FOCUS FS24 – Gonzalo Maroni, la “Maravilla” che ha incantato la Bombonera

06.05.2017 00:25 di  Francesco Fedele   vedi letture
FOCUS FS24 – Gonzalo Maroni, la “Maravilla” che ha incantato la Bombonera
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© foto di Gaetano Mocciaro

 

Quando parliamo di città autonoma, parliamo di un insediamento urbano frutto di un processo di urbanizzazione che gode di un particolare status giuridico conferitogli da parte dello Stato o da un qualsiasi ente locale gerarchicamente sovraordinato che abbia il potere di farlo. In Europa non è che se ne contino molte, giusto un paio in Spagna. Ancora meno in Sudamerica, dove per l’esattezza ne troviamo solo una: Buenos Aires. Capirete a breve dove vogliamo arrivare.

Città autonoma, autonomia appunto: voglia, desiderio, possibilità di essere sui generis, di farsi sentire, di essere presenti. Immaginate tutto ciò applicato al calcio: ecco che non possiamo che trovarci in Argentina, ed ecco che non possiamo non parlare di Buenos Aires. La Boca, quartiere se non più importante quanto più presente nelle cartoline della città, è noto per i pittori, il tango, il porto ma soprattutto (almeno per noi) per il calcio. Inizialmente sede degli impianti sportivi dei due club della città (Boca Juniors e River Plate), oggi troviamo “solo” l’Estadio Alberto José Armando, nel mondo conosciuto come La Bombonera, che ospita gli incontri de Los Xeinezes, del Boca (il River adesso è in uno dei quartieri più settentrionali della città, Núñez). Pensi alla Bombonera e pensi alla Mitad Más Uno, nata per stabilire quale fosse la squadra più importante e tifata della città (la paternità di tale affermazione è associata al mai dimenticato presidente Alberto J. Armando). Pensi agli hinchas del Boca e pensi alla Doce, lo storico gruppo di tifosi organizzati del club. Una tifoseria calda, passionale, esigente, che dà tanto e tanto si aspetta di ricevere. Ecco perché indossare quella maglia significa tanto, e non è roba per tutti.

Farebbe quindi strano quindi vedere un ragazzo del ’99 indossarla e segnare nel giorno del proprio debutto dal primo minuto dinanzi la Doce, dinanzi la Bombonera. Usiamo il condizionale perché la storia di Gonzalo Maroni, professione enganche, è tanto breve quanto significativa. Nasce a Cordoba, è socio e tifoso dell’Instituto (club dov’è cresciuto anche Paulo Dybala), con il quale debutta in Nacional B l’11 agosto di due anni fa, quando le primavere di questo ragazzo erano appena sedici. Ci sono flirt con il Belgrano prima, poi il San Lorenzo, che rifiuta perché non vuole lasciare la maglia che ama. Quando nel gennaio 2016 arriva la chiamata del Boca, non può far altro (come se fosse una costrizione) che firmare. Eppure, gira voce, che si sia lamentato con il padre per non aver potuto giocare per un lasso di tempo maggiore con l’Instituto, e questo già la dice lunga sulla personalità di questo ragazzo.

Nel Boca è un Diez, di posizione e di fatto, essendo questo il numero che indossa con la Reserva, la seconda squadra del club. Non è un trequartista puro (motivo per il quale quando parliamo di enganche non dobbiamo pensare al giocatore dietro la punta, il concetto ha subito un’evoluzione nel tempo) ma bensì un centrocampista che ama creare gioco, dispensare palloni a tutto campo e che, nel caso di Maroni, alla prima da titolare ha la (fantastica) presunzione di fare un sombrero al malcapitato avversario di turno, al secolo Jonathan Bottinelli (meteora in Italia con la maglia della Sampdoria) per poi dribblare un secondo uomo con un caño, quello che in Italia definiamo tunnel. Il bello però deve ancora venire: siamo al 17’ della ripresa, il punteggio recita 2-0 per il Boca, ecco che arriva un cross dalla sinistra sul quale Dario Benedetto non riesce ad impattare. In quel momento la storia si ricorda che il 10 novembre 1996 un altro ragazzo anch’egli 18enne debuttò con la maglia del Boca alla Bombonera: il suo nome era Juan Román Riquelme. Tutto ciò non viene detto per partire subito con paragoni affascinanti quanto scomodi e pesanti, quanto per far capire che le divinità calcistiche pare abbiano voluto mettere alla prova Maroni, che all’appuntamento non fallisce: arriva a rimorchio, la maglia numero 20 ondeggia, il tiro al volo non lascia scampo al 37enne Pablo Santillo (che, chissà, un giorno potrà forse vantarsi di aver preso questo gol, in quello che pare un simpatico eufemismo). Esulta, quasi non ci crede, nel post partita dirà: “Cuando hice el gol se me puso la mente en blanco”, tradotto: svuotarsi, non pensare a niente, diventare una tabula rasa. Festeggerà con il padre, con altre persone a lui care giunte allo stadio, in momenti dal forte significato emotivo per chi li osserva, figuriamoci per chi li vive, soprattutto se a 18 anni da poco compiuti. Nel Barrio Alta Cordoba viene chiamato “Maravilla”, il telecronista ieri al gol gridava: “Pibe, pibe, pibe”. I paragoni non mancano, la classe nemmeno, i margini di miglioramento lo stesso. Una cosa però possiamo dirla con certezza: (quasi) 21 anni dopo, un altro 18enne con spalle che definire larghe pare essere riduttivo è entrato nella Bombonera ed ha fatto cantare i tifosi tra i più passionali al mondo ed in generale abitanti di una città tanto calda, frenetica e dinamica. Una città “autonoma”, dove Gonzalo Maroni dovrà dimostrare di saper diventare un idolo, un crack, un Diez, un Pibe.