ESCLUSIVA Ds Grammatica: "Italia? Ricambio generazionale ci sarà, ma i giovani vanno tutelati. Squadre B sono necessarie"

19.11.2017 15:35 di Redazione FS24 Twitter:    vedi letture
ESCLUSIVA Ds Grammatica: "Italia? Ricambio generazionale ci sarà, ma i giovani vanno tutelati. Squadre B sono necessarie"

E' uno dei giovani dirigenti più apprezzati del calcio italiano: Andrea Grammatica, psicologo classe 1978, è stato responsabile scout e poi Ds della Reggiana, ma anche coordinatore dell'area tecnica di Spezia e Virtus Entella.
Ecco la sua intervista a tutto tondo a footballscout24.it

Le difficoltà incontrate nel match con la Svezia non possono essere addossate solo al ct Ventura. Dal mancato ricambio generazionale al blocco juventino fino al presidente Tavecchio. Tanti sul banco degli imputati

“Sicuramente il problema va visto più ad ampio raggio. Ci vorrebbe un tavolo operativo con gli addetti ai lavori preposti a studiare iniziative per costruire le dovute riforme, come avvenne in Germania quando anche loro passarono un decennio negativo come il nostro. Contro la Spagna ci fu un campanello d’allarme che fece riflettere. Spero che chi abbia la reale possibilità di dare un contributo fattivo alla Federazione, lo possa fare indipendentemente dall’esito. Pensare che il problema sia Ventura oppure il rendimento di un singolo significa non capire nulla per l’ennesima volta. Bisogna capire il perché si è arrivati a questo punto. Penso che ogni addetto ai lavori abbia l’obbligo quasi morale di dover dare il proprio contributo, e la Federazione o comunque gli organi preposti a studiare un modello diverso devono coinvolgere quelle che ritengono essere le persone giuste a poter proporre un cambiamento. Ogni Paese ha la sua storia e la sua mentalità, copiare è sbagliato ma è giusto guardare ai casi di chi ci è già passato. Penso che nelle annate a ridosso dei Giovanissimi si veda della qualità, bisogna capire perché poi questa qualità vada man mano svanendo. Il problema è ampio, perché non si gioca più nelle scuole oppure nelle piazze? Perché ci si allena poco?”

Quindi esiste il problema del ricambio generazionale?

"È vero, questa cosa spaventa, così come però è vero anche il contrario, laddove noi addetti ai lavori vediamo nella fascia 13-18 dei calciatori pronti per la nazionale del futuro, ma se sbagliamo percorso di crescita lì poi è difficile recuperare il talento. Il sogno è che si riesca a trovare una riforma che possa tutelare il percorso all’interno dei club italiani. Non sono così pessimista, posso citare Caldara, Rugani e diversi altri elementi delle annate ’94,’96 oppure anche più giovani, che hanno grandi potenzialità. Andrebbe maggiormente tutelato il percorso, alle volte manca il coraggio da parte dei presidenti e dei tecnici, che per ragioni economiche e di bilancio subiscono pressioni fuorvianti rispetto al reale obiettivo, la crescita del giovane. Mi rendo conto che tante volte è difficile convincere gli agenti stessi a far fare un campionato di Serie B a coloro i quali sono considerati talenti da categoria superiore ma che necessiterebbero di un anno di formazione e crescita in cadetteria. Ti scontri con delle dinamiche di mercato che rischiano però di alterare ed interrompere il percorso”.

La riforma del campionato Primavera ha avuto un buon successo. E' l'anticamera della famose 'squadre b' o puo' bastare questo primo passo?

"Personalmente spero sia l’anticamera delle squadre B, secondo me un modello assolutamente da seguire. Manda una categoria di mezzo tra la Primavera e la prima squadra. Abbiamo visto come la maggior parte dei giocatori che escono dal settore giovanile hanno poi difficoltà nelle categorie come Serie B o Serie C, c’è un distacco a livello agonistico, di mentalità, di pressione troppo grande. Questo lo si può mitigare con una Squadra B, a mio avviso una soluzione quasi obbligata. Non so se l’attuale formula ha dato dei benefici, c’è differenza di competitività tra i campionati, ma dal punto di vista formativo non percepisco grosse differenze"

Il 'Guardiolismo' ha rovinato una generazione di difensori come sostenuto da Chiellini?

“Secondo me è eccessivo assegnare quest’etichetta esclusivamente a Guardiola. Ritengo ci sia un’interpretazione sicuramente moderna sulla linea difensiva, con una maggiore ricerca di proporre calcio sin dalla difesa. Credo che nulla tenga al difensore in area di comportarsi in maniera differente. Ci sono allenatori che difendono a zona anche negli ultimi 20 metri, così come altri attuano una marcatura ad uomo. Probabilmente i difensori di oggi hanno difficoltà a fare entrambe
le cose, ovvero essere predisposto a proporre un calcio propositivo partendo dal basso e restare fedele ai canoni tradizionali, ovvero fare affidamento al contatto fisico in area di rigore e ad essere aggressivi. In questo contano, ripeto, gli allenatori, che magari preparano le partite ricercando anche in fase difensiva la costruzione del gioco, lasciando poco spazio ad altro. Percepisco che, a livello giovanile, il calciatore stesso pare essere abbagliato dal modello europeo dei difensori che impostano con grande qualità, perdendo l’interpretazione del ruolo in autonomia. Bisogna che gli
allenatori li sollecitano anche alla fase difensiva pura, altrimenti dopo è tardi”

Il Mondiale U17 ha messo in evidenza nuovamente i giovani inglesi. Da ex capo-osservatori in quale zona geografica vedi maggiori possibilità d'affare per i club italiani? Sudamerica? Est Europa?

"Dipende anche dalle possibilità economiche e dal tipo di investimento che si intende fare. C’è differenza di parametri nelle zone che hai elencato. Il Sudamerica presenta calciatori di grande spessore e qualità, e convincerli ad approdare in Europa è difficile. Sicuramente abbiamo perso appeal. Ho avuto la fortuna di fare esperienza all’estero, con Spezia ed Entella in primis, e ho notato che è difficile convincere i calciatori a venire soprattutto in Italia. Sulla base del mio passato credo  che nel Nord Europa e nell’Est Europa si trovano calciatori pronti in età giovanile che ancora ritengono l’Italia uno step avanti a livello qualitativo. Ho poi avuto la possibilità di provare con  mano situazioni come quella francese, dove non si usamolto la formula del prestito per valutare un giovane calciatore, quindi magari si riescono a tesserare a parametro zero elementi dalla grande qualità che peccano però sotto l’aspetto mentale, sul quale bisogna lavorare”

Non è mai facile parlare dei colleghi, ma ti senti di fare dei complimenti a qualcuno? Di indicarci quali sono stati i tuoi modelli nell'intraprendere la carriera di osservatore e Direttore Sportivo?

“Ho avuto la fortuna di iniziare molto giovane e di fare 16 anni di carriera continuate grazie a tante persone, tra le quali mi viene in mente Piero Ausilio, con il quale ho condiviso l’inizio dei nostri percorsi allo Spezia. Ho conosciuto persone esperte che mi hanno formato nelle dinamiche quotidiane come Massimo Varini. Ho apprezzato e sto apprezzando il percorso di Giuntoli perché ci si incontrava nei campi di Serie D ed Eccellenza, e sicuramente si è formato come direttore sportivo partendo dallo scouting. Apprezzo molto il percorso di Dario Baccin oppure Cherubin, quindi tutte figure che lavorano tra settore giovanile e prima squadra. Non dimentico Paratici, che ho avuto la fortuna di osservarlo da vicino quando ero all’Entella e lui alla Sampdoria, con la grande fame e passione che metteva nel settore giovanile con l’ambizione di poter portare calciatori in prima squadra. Ho studiato modelli che mi hanno formato e mi stanno formando, aggiungo Massara, coetanei che stanno facendo un grande percorso, con la speranza di poter percorrere le loro orme. Così come all’Entella ho avuto il piacere di condividere un percorso importante con Superbi e
Matteazzi, dove abbiamo costruito un gruppo di lavoro univoco tra prima squadra e settore giovanile, che ha portato a grandi risultati e plusvalenze calcistiche. Mi ritengo fortunato ad aver fatto parte di famiglie importanti dal punto di vista tecnico e manageriale”.


Da direttore Sportivo ed esperto di calcio giovanile secondo te il grande campione in che percentuale emerge per doti naturali, lavoro in allenamento e personalità?

“Sicuramente la predisposizione e quindi le doti naturali, dove all’interno inserisco anche la personalità , hanno un ruolo importante. Chiaramente il lavoro accresce quelle che sono le qualità naturali, e va poi ad affinare quanto non è ancora emerso. Bisogna trovare il club giusto, gli istruttori giusti ed i dirigenti che allenano la mentalità quotidiana. Qui mi collego al discorso fatto all’inizio: le riforme che virano alla salvaguardia del talento vanno assolutamente studiate per bene, per evitare che giovani calciatori si perdano per colpe personali oppure perché adulti non li hanno  aiutati. Il calcio italiano è molto fisico e tattico, però non bisogna fare ipocrisia nel dire che i parametri fisici qui da noi non sono molto importanti, ma non solo, perché mi viene in mente Napoli-Manchester City ed è chiaro che il talento e la grandissima predisposizione tattica degli azzurri ai massimi livelli si è dovuta scontrare con la fisicità, abbinata comunque a grandi qualità, degli inglesi.
Questi parametri però vanno considerati in età giovanile che corrisponde quasi alla fine del percorso, perché per le categorie molto piccole non ha utilità”.