Mancini (Osservatore): “Ecco come organizzo il lavoro settimanale. Fondamentale andare sul campo”

19.08.2017 19:08 di  Redazione FS24  Twitter:    vedi letture
Fonte: footballscouting.it
 Mancini (Osservatore): “Ecco come organizzo il lavoro settimanale. Fondamentale andare sul campo”
© foto di Sebaclemente9

Se volessimo racchiudere Vincenzo Mancini in cinque parole diremmo: passione, voglia, predisposizione, ambizione e lavoro. Sono questi tutti gli ingredienti principali che lo rendono uno degli osservatori più interessanti in questo momento. Da calciatore, importante la sua parentesi al Foggia dei miracoli di fine anni ’80, poi una lunga carriera da giocatore fino alla serie C. Nel 2001 il trasferimento al Carpi FC, qui gioca in Eccellenza ma al tempo stesso riesce a costruirsi anche una famiglia. Per lui, è molto importante la volontà di sottolineare quanto la sua crescita non si sia caratterizzata da allenatori ma da veri maestri di calcio e di vita. Conosciamo e scopriamo meglio chi è Vincenzo Mancini come osservatore.

Vincenzo, come è nata l’idea di diventare osservatore?

L’idea di diventare osservatore è nata ovviamente dalla forte passione per questo sport e dalle esperienze che ho vissuto sin da subito in questo ambito professionistico. Da quando ho smesso di giocare, da un anno a questa parte, ho deciso di intraprendere la carriera da osservatore nel settore giovanile. Importante anche l’ esperienza sviluppata come vice allenatore della Juniores della Solierese, ottima società che mi ha permesso di crescere tanto sotto l’ aspetto tecnico. Sono stato invogliato ad intraprendere questo nuovo percorso anche da persone competenti che hanno creduto e credono in me.

Come si caratterizza la sua giornata tipo nel suo lavoro?

Non parlerei tanto di giornata tipo, ma bensì di settimana, capisci bene che quello che penso oggi non lo posso mettere in atto subito perché non c’è disponibilità di tempo in quanto ci sono anche altri impegni presi. Ecco perché ti faccio un discorso del tipo settimanale lasciandoti intendere che la metodologia di lavoro che vado a fare deve essere efficace al massimo sia dal punto di vista dell’analisi e sia dal punto di vista di individuazione di un calciatore.

Quando osserva un potenziale giocatore da consigliare, quali sono i fattori che lei guarda principalmente?

La componente tecnica è alla base, poi il primo controllo orientato, fintare la giocata, l’abilità a servizio della squadra. Mi piace osservare quello stile nelle movenze, quasi una sorte di predisposizione genetica al gioco del calcio, al di là di arrivare prima o di leggere una traiettoria in anticipo. Una predisposizione anche dal punto di vista posturale che lo identifichi e che gli dà quel qualcosa in più.

Cosa deve avere nello specifico una persona per essere considerata osservatore?

Il percorso di essere un osservatore deve essere completo, bisogna essere stati dei calciatori. Ad esempio, anche l’obbligo che adesso c’è presso la FIGC che per poter partecipare ai corsi per osservatori riconosciuti devi avere il patentino Uefa B, questo fa capire che è un naturale processo di crescita. Nello specifico ho cercato sin da piccolo di ascoltare, di imparare, di migliorare dal punto di vista tecnico-tattico che umano, facendo tesoro degli insegnamenti ricevuti. Quindi reputo importante il mio percorso di crescita al di là dei traguardi raggiunti come calciatore. Niente deve essere lasciato al’improvvisazione, come purtroppo spesso accade oggi.

Si, li utilizzo. C’è però da capire intanto per chi vado a fare scouting perché spesso è una società o un direttore sportivo che mi dice dove andare. In quel caso vado a vedere un elemento su tutti, un reparto o faccio una match analisi e a priori faccio riferimento, prima di andare sul campo, a dei dati tecnici. Ribadisco che ho libertà di movimento quindi nella maggior parte della mia programmazione sicuramente faccio un scouting a livello mediatico e di statistiche. Preferisco girare e individuare in base alla statistica la partita o il calciatore da andare a vedere ma spesso mi imbatto prima nell’osservare un calciatore che cattura le mie attenzioni e dopo andare a verificare, eventualmente, dei dati tecnici.

Quindi fai riferimento anche ai dei dati tecnici?

Si, ma quello che amo è andare sui campi vedere tornei. Ad esempio nella programmazione di questi eventi sono avanti, si sanno già le date e riesco ad organizzarmi. Ovviamente ho già un giro di contatti importanti che mi permette di regolarmi e prendere indicazioni. Queste situazioni vanno sfruttate, cosi come le collaborazioni che per uno scout sono alla base e i rapporti con le persone che hanno delle idee come le tue o anche diverse.

Walter Sabatini in una recente intervista fatta ad un quotidiano ha affermato che prima dell’aspetto tecnico tattico lui ha delle forti emozioni. È per lei la stessa? Oppure la componente emotiva è un aspetto secondario?

Condivido in pieno perché mi si crea una sensazione interna che mi fa attirare l’attenzione verso quell’elemento. L’istinto, certe volte, va seguito sicuramente. Tra le sensazioni e l’ambito razionale però ci deve essere il giusto mix. Fondamentalmente cerco di vedere quanti più’ dettagli possibili in un ragazzo  per poi rapportarli tra loro tenendo presente la condizione del momento che vive lo stesso.

Quali sono, invece, quelle componenti che rendono difficile l’individuazione di un potenziale talento?

In ambito settore giovanile dilettantistico è difficile individuare un ragazzo con delle prospettive spesso per via dei numerosi ostacoli di varia natura che non favoriscono un processo di crescita professionale serio.

Quali sono alcuni profili interessanti da tenere sotto osservazione?

Profili interessanti? Non voglio sbilanciarmi ma mantenendomi neutro, a livello di settore giovanile, quest’anno ne ho visti tanti in Primavera. Su tutti Kean ma mi piacciono molto Ianis Hagi e Ciccio Orlando. A livello sudamericano mi soffermerei su due nomi: Yerry Mina, colombiano di 22 anni del Palmeiras e Rodrigo Bentacur.