Come far ripartire il calcio italiano?

27.10.2014 20:31 di Redazione FS24 Twitter:    vedi letture
Fonte: www.footballscouting.it
Come far ripartire il calcio italiano?

Dopo due deludenti Mondiali consecutivi (Sudafrica 2010, Brasile 2014) e dopo svariati crolli internazionali che hanno colpito tutti i top club italiani, è lecito e doveroso chiedersi da dove si debba ripartire. I vertici federali, i dirigenti di molte società e tanti altri addetti ai lavori hanno cercato di dare risposte che, fino ad ora, sono rimaste solo sul piano della teoria. Il problema del calcio italiano (uno dei tanti che abbiamo) va risolto partendo dalle fondamenta dell’intera struttura del pallone.

Ecco, quindi, alcuni punti fondamentali per riavvicinare la serie A agli altri campionati e per tornare a competere sia a livello di nazionale che di club con gli altri Stati europei.

1)    Spazio ai giovani talenti italiani: non è vero che in Italia non ci sono giovani capaci, il punto è che non vengono opportunamente valorizzati, poiché non si concede loro il dovuto spazio. Se è sbagliato obbligare le squadre ad avere una quota minima di Under, è altresì opportuno premiare le società più “coraggiose”.

2)    Impianti di proprietà: solo Juve e Sassuolo (e a breve pure l’Udinese) dispongono di stadi di proprietà, cosa che invece è scontata, ad esempio, in Inghilterra e che permette alle varie società di essere meno dipendenti dai diritti TV, che in Italia sono, invece, la principale se non l’unica fonte di entrata.

3)    Stadi nuovi: la maggior parte degli impianti italiani è vecchia e malcurata. Molti settori sono scoperti, fatiscenti e realizzati in tubolari. Le piste d’atletica, poi, non permettono una visuale ottimale. In molti stadi si è provato a sistemare le cose, ma le “pezze” messe non fanno altro che aggravare la situazione. Ovviamente questo degrado non stimola la gente a recarsi allo stadio.

4)    Snellire i campionati: sono presenti troppe squadre professionistiche, molte delle quali piene di debiti e sull’orlo del fallimento. Sarebbe, quindi, meglio avere meno club, ma in salute, tuttavia le tante proposte di ridurre il numero di squadre in A ed in B sono rimaste irrealizzate.

5)    L’Europa League conta: è vero che il format molto estensivo, che comprende anche squadre sconosciute e di Stati con una scarsa tradizione calcistica, non è un grande stimolo, ma i club italiani, sistematicamente, trascurano questo impegno declassandolo a partitella del giovedì. Ed ecco che l’Italia precipita nel ranking.

Di lavoro per Tavecchio e gli altri vertici del calcio italiano ce ne è parecchio, ma diverse società italiane si stanno già distinguendo dando spazio ai giovani, investendo nello scouting e negli impianti di proprietà. La Nazionale di Conte, poi, sembra dare le dovute garanzie, ma il primo vero banco di prova sarà Euro 2016 in Francia e, in quell’occasione, si vedrà se il condottiero di Lecce emulerà le gesta di Giulio Cesare, mettendo in ginocchio la Gallia.