Il talento e l’ombra dell’insuccesso

05.07.2017 05:43 di  Redazione FS24  Twitter:    vedi letture
Fonte: Dr Fabio Ciuffini - www.calcioscouting.com
Il talento e l’ombra dell’insuccesso

La presenza di una forte attitudine in un giovane calciatore, determina la crescita graduale di aspettative intorno al ragazzo aumentando, parallelamente, il livello di tensione e di stress che ne caratterizza la prestazione sportiva e l’attesa della stessa.

Indubbiamente, un forte equilibrio familiare può facilitare nel giovane un processo di progressiva presa di coscienza di ciò che accade attorno a lui, consentendogli di calibrare non solo le pressioni esterne ma anche una componente particolarmente importante per il giovane: le aspettative personali.

Quando infatti determinate doti emergono nel tempo, assistiamo ad un processo graduale di professionalizzazione dell’impegno sportivo per il quale, già in giovanissima età, l’attività sportiva perde in larga misura l’aspetto ludico (aspetto che in realtà andrebbe ampiamente tutelato) per lasciare spazio alla responsabilità (un passaggio che dovrebbe avvenire, anch’esso in modo proporzionato all’età).

Tuttavia, quest’ultima può essere accolta ed elaborata in modo positivo soltanto laddove la componente motivazionale sia adeguata, ovvero sia sostanzialmente di natura intrinseca.

È evidente che la motivazione personale del calciatore è il motore principale dell’attivazione stabile di nuove competenze e nuove ricerche di soluzioni, che potrebbero essere particolarmente importanti per far fronte alla difficoltà.

L’ansia e la tensione pre-gara, spesso crescente laddove “il fiato sul collo” dell’allenatore diventi per l’atleta fonte di ulteriore disagio, diviene di conseguenza un fattore che è necessario affrontare in modo adeguato, ad esempio attraverso esercizi di respirazione che possono agevolare l’individuazione di un elemento antagonista rispetto all’eccessiva attivazione fisiologica.

Tuttavia ciò potrebbe non bastare, considerando che le origini dello stato ansioso possono ricadere sul giovane talento in funzione di una serie di obiettivi poco chiari e definiti che il ragazzo pensa di dover raggiungere, pena l’esclusione o il “degradamento” agli occhi dello staff tecnico. Sarebbe opportuno, in tal senso, comprendere in che modo il ragazzo viva le situazioni di gioco, sia quelle positive, sia quelle negative, contemplando la possibilità di analizzare da vicino il profilo emozionale personale.

Ciò aiuterebbe a definire emozioni inibenti o emozioni facilitanti, creando una valida base di lavoro affinché le sensazioni negative del pre-gara siano state rese consapevoli e , come tali, maggiormente gestibili.

Certamente, la tendenza del giovane talento di prospettiva, apparentemente arenatosi dinanzi ad alcune difficoltà (spesso coincidenti con il cambio di allenatore o con il passaggio di categoria) a concentrare le proprie attenzioni su ciò che non va, non aiuta.

Dobbiamo infatti tener presente che un valido lavoro di sostegno psicologico all’ atleta, deve partire dal presupposto di individuare, ai suoi occhi molto più anche a quelli degli altri, quali possano essere le attitudini, le caratteristiche, le qualità soggettive e le risorse che egli stesso ritiene di possedere, rendendoli armi valide per affrontare le difficoltà e strumenti di una migliore definizione della propria identità (passaggio cruciale in adolescenza).

L’ombra dell’insuccesso è infatti spesso più ampia di quella del potenziale. Invertire la tendenza aiuta a recuperare un valido senso di auto efficacia personale.